Dittature e comunicazione calunniosa

Francesco a Santa Marta: «Anche oggi, in tanti Paesi, si usa questo metodo: distruggere la libera comunicazione per distruggere la democrazia». E ricorda le «dittature del secolo scorso e la persecuzione degli ebrei»

La «comunicazione calunniosa» è il primo passo, nella vita pubblica degli Stati e anche in quella privata, per distruggere istituzioni o persone fino ad arrivare alla dittatura. È l’ avvertimento che lancia papa Francesco nella Messa celebrata lunedì mattina a Santa Marta.

La sua riflessione parte dalla storia di Nabot narrata nel Primo Libro dei Re e proposta come Prima Lettura. Il re Acab desidera la vigna di Nabot e gli offre del denaro. Quel terreno fa parte però dell’ eredità dei suoi padri e quindi l’ uomo rifiuta. Allora Acab che era «capriccioso, fa come i bambini quando non ottengono ciò che vogliono: piange. Poi, su consiglio della moglie crudele, Gezabèle, lo fa accusare di falsità, uccidere e prende possesso della sua vigna». Nabot è dunque un «martire della fedeltà all’ eredità» che aveva ricevuto dai suoi padri: un’ eredità che andava oltre la vigna, «un’ eredità del cuore».

Francesco rileva, quindi, come la storia di Nabot sia paradigmatica della storia di Gesù, di Santo Stefano e di tutti i martiri che sono stati condannati usando uno scenario di calunnie. Ma è anche paradigmatica del modo di procedere di tanta gente di “tanti capi di Stato o di governo”. Si comincia con una bugia e, “dopo aver distrutto sia una persona sia una situazione con quella calunnia”, si giudica e si condanna: «Anche oggi, in tanti Paesi, si usa questo metodo: distruggere la libera comunicazione», avverte il Papa, «Per esempio pensiamo: c’ è una legge dei media, di comunicazione, si cancella quella legge; si dà tutto l’ apparecchio della comunicazione a una ditta, a una società che calunnia, dice delle falsità, indebolisce la vita democratica. Poi vengono i giudici a giudicare queste istituzioni indebolite, queste persone distrutte, condannano, e così va avanti una dittatura. Le dittature, tutte, hanno incominciato così, con adulterare la comunicazione, per mettere la comunicazione nelle mani di una persona senza scrupolo, di un governo senza scrupolo».

Per distruggere una persona si comincia dallo sparlare

«Anche nella vita quotidiana è così», sottolinea Francesco: se si vuole distruggere una persona, «incomincio con la comunicazione: sparlare, calunniare, dire scandali». Il Papa spiega il meccanismo della calunnia: «E comunicare scandali è un fatto che ha una seduzione enorme, una grande seduzione. Si seduce con gli scandali. Le buone notizie non sono seduttrici: “Sì, ma che bello che ha fatto!” E passa… Ma uno scandalo: “Ma hai visto! Hai visto questo! Hai visto quell’ altro cosa ha fatto? Questa situazione… Ma non può, non si può andare avanti così!” E così la comunicazione cresce, e quella persona, quella istituzione, quel Paese finisce nella rovina. Non si giudicano alla fine le persone. Si giudicano le rovine delle persone o delle istituzioni, perché non possono difendersi».

Francesco ricorda che «la seduzione dello scandalo nella comunicazione porta proprio all’ angolo», cioè «distrugge» come è accaduto a Nabot che voleva solo «essere fedele all’ eredità dei suoi antenati», non svenderla. Esemplare in questo senso è anche la storia di Santo Stefano che fa un lungo discorso per difendersi ma quelli che lo accusavano, preferiscono lapidarlo piuttosto che ascoltare la verità. «Questo è il dramma dell’ avidità umana», dice il Papa. Tante persone vengono, infatti, distrutte da una comunicazione malvagia: «Tante persone, tanti Paesi distrutti per dittature malvagie e calunniose. Pensiamo per esempio alle dittature del Secolo scorso. Pensiamo alla persecuzione degli ebrei, per esempio. Una comunicazione calunniosa, contro gli ebrei; e finivano ad Auschwitz perché non meritavano di vivere. Oh… è un orrore, ma un orrore che succede oggi: nelle piccole società, nelle persone e in tanti Paesi. Il primo passo è appropriarsi della comunicazione, e dopo la distruzione, il giudizio, e la morte».

L’articolo di Famiglia Cristiana di oggi